Marzo 2012: Il Nuovo Cinema Palazzo: la pratica quotidiana del bene comune

L’articolo che Daniela Festa ha scritto per la rivista on-line Lavoro Culturale

 

A quasi un anno dalla “liberazione” del Cinema Palazzo, moltissime cose sono accadute e molte sono cambiate. Uno spazio destinato alla cultura, all’incontro, alla formazione è stato restituito al quartiere e a tutta la città, ha preso a vivere ogni giorno e a crescere attraverso il contributo di molti, moltissimi. Anche noi siamo cambiati, questa storia ha ridisegnato la vita di ognuno di noi, cambiandone i ritmi, gli itinerari, le prospettive. Nella pratica quotidiana che fa vivere il Cinema Palazzo, la battaglia comune ha trovato un’identità più chiara, più ambiziosa. Un anno fa la sfida era di tessere una storia collettiva che ricostruisse un luogo e rintracciasse una sintesi tra resistenza e creatività, tra radicamento locale e connessioni globali, tra impegno politico, arte e cittadinanza attiva partendo da un senso di appartenenza al quartiere-città-mondo che sentivamo comune. Oggi, attraverso questa trama densa e fitta di un anno di lavoro incessante, è nato il Nuovo Cinema Palazzo: un processo costituente che si radica nella pratica quotidiana del bene comune.

L’occupazione dell’Ex-Cinema Palazzo del 15 aprile dello scorso anno è il risultato di un percorso di oltre un anno durante il quale i residenti e le realtà attive nel quartiere avevano iniziato a incontrarsi per combattere il degrado culturale e sociale del quartiere, cercando di contenere gli effetti della “movida” e della dilagante presa di spazi e poteri da parte di lobbies impegnate in affari più o meno leciti. Fu dopo diversi incontri, eventi e manifestazione che si diffuse l’allarme sugli spazi del Cinema Palazzo dove avevano avuto inizio i lavori di ristrutturazione per l’imminente apertura di un Casinò.


Il Cinema Palazzo era un luogo di proprietà privata ma con una forte valenza nella memoria collettiva del quartiere.
Un tempo Cinema e Teatro, qui recitarono Totò e Petrolini. Esso ha rappresentato un luogo simbolo per i cittadini di San Lorenzo, sia per coloro che l’hanno frequentato, sia per coloro che, come raccontano gli anziani del quartiere, sognavano un giorno di poterlo frequentare. Poi, adibito a sala da Biliardo, più recentemente a Sala Bingo rimase poi chiuso per lungo tempo. Così Il 15 aprile i cittadini decidevano di intervenire per impedire l’apertura del Casinò nel cuore del quartiere già vessato da una forte speculazione commerciale e edilizia e per poter, attraverso quell’atto che da subito fu sentito e denominato come una “liberazione”, richiamare l’attenzione e rilanciare perché lo spazio diventasse uno spazio di cultura e di partecipazione.

Da quel momento dell’ingresso nella sala molte cose sono avvenute e hanno superato idee e aspettative. Gli abitanti di tutta la città, il mondo dello spettacolo e numerose istituzioni hanno supportato i cittadini e le realtà che hanno avviato l’occupazione.

E’ iniziato un vero processo di riappropriazione sia dell’Ex Cinema sia della piazza antistante che, da parcheggio disordinato, ha cominciato a divenire luogo di passaggi e attraversamenti multipli. Già all’epoca eravamo consapevoli che l’esperienza si collocava nella contemporaneità di questioni più complesse: la progressiva chiusura di spazi dedicati alla cultura, la concessione di una serie di autorizzazioni per l’apertura di Casinò, il nuovo business delle sale da gioco, la generale crisi del settore teatrale nella Capitale con numerose chiusure di teatri importanti, i tagli al FUS e l’ulteriore precarizzazione della condizione dei lavoratori dello spettacolo, la mancanza di governo di fronte alle dinamiche speculative.

Tutto ciò sembrava trovare uno spazio emblematico nel Cinema Palazzo di San Lorenzo, quartiere fragilizzato da dinamiche di microcriminalità, spaccio, degrado e di un’attrattività impoverita di valori culturali e sociali e schiacciata su un’offerta bassa e caotica.

Dall’idea iniziale di un’occupazione-lampo simbolica ci si è confrontati con l’urgenza di restare.

 

Da allora lo spazio vive quotidianamente, nella programmazione, nei tantissimi spettacoli, performances, concerti di altissima qualità di artisti emergenti e affermati presentati gratuitamente o assolutamente accessibili per tutti. I pomeriggi si riempiono di letture, di dibattiti, delle tantissime attività di formazione laboratoriale e delle numerose esperienze di riappropriazione simbolica attraverso azioni creative (happening, mostre, laboratori con bambini e anziani).

 

Per questo sentiamo di produrre un modello che nell’arte e nella cultura trova la sua pratica, nella formAzione la sua possibilità emancipativo-trasformativa e nella socialità la spinta quotidiana e l’orizzonte collettivo cui tendere.

Le radici del nostro fare affondano nella dimensione umana e creativa dello stare al mondo all’interno della quale rivendichiamo la centralità della cultura negata e scippata da troppo tempo ai cittadini.

L’esperienza ci immerge quindi in una dimensione costituente quotidiana che si gioca su più livelli. Quello più specifico che riguarda la pratica di vita dello spazio che trova nell’arte e nella cultura la propria “impronta”. Intorno a questa si sono prodotte le regole e i ritmi della gestione comune. E quello più ampio che guarda queste pratiche costituenti come uniche forme per ridare vitalità a un sistema politico sfibrato e svuotato da una politica miope ed egoisticamente arroccata nella riproduzione di se stessa, incapace di interpretare il nuovo che avanza dal basso, di dargli voce, di dargli spazio.

Si tratta di processi che mettono l’accento sulla dimensione collettiva e che rompono con la visione individualistica, formalista e autoritativa dello Stato per ridare valore alla radice sociale di un sistema politico.

A quasi un anno di rinascita di questo spazio è giunto un atto importante: la sentenza civile che ha assolto chi di noi era perseguito per spoglio del bene a danno della Camene – società locatrice e promotrice del progetto del Casinò.

La sentenza sottolinea la natura non patrimoniale della presa di possesso dello spazio; riconosce che chi si impegna quotidianamente nella gestione dello spazio non lo fa per un vantaggio personale ma per opporsi politicamente alla destinazione che gli si vorrebbe imprimere e inoltre riconosce la collettività del processo. La sentenza parla a più riprese della moltitudine non occupante ma resistente rispetto al progetto Casinò. Spezza anche qui l’assunto egoistico e individualistico che ispira lo Stato moderno opponendo le persone tra loro in una logica hobbesiana. Davanti a questa nuova dimensione sembra che l’ordinamento abbassi le braccia, non avendo né ratio né strumenti per perseguire ciò che nella pluralità diventa movimento e non più singola condotta da analizzare nella logica del danno o dell’arricchimento materiale. Non attendevamo un riconoscimento ma ci sembra che ci siano gli elementi per un discorso più profondo.

A un anno il bambino cresciuto nella fantasia del rapporto quotidiano col mondo, inizia a camminare, esplorare, spaziare, prendere coscienza di sé e inizia a parlare per raccontare la sua esperienza. Per questo, il prossimo 15 aprile è una data importante non solo per noi ma anche per altre realtà che, dalla scorsa primavera e attraverso la vittoria referendaria, si sono ritrovate e connesse nell’agire per i beni comuni, per sottrarli alle pressioni speculative, per restituirli a una comunità.

La nostra esperienza s’inserisce in un panorama più ampio e in un momento di accelerazione delle rivendicazioni che hanno capito l’importanza di agire assieme. Per questo con i compagni del Teatro Valle Occupato, dell’Angelo Mai, del Teatro del Lido di Ostia, del S.a.l.e. Docks di Venezia, del Coppola di Catania, dei lavoratori dello spettacolo di Milano, del collettivo la Balena di Napoli e di molti altri lavoriamo assieme per costruire una rete che pur nella diversità di ciascuna storia trovi e alimenti terreni comuni di azione e di pensiero e avvii una fase costituente più ampia per i beni comuni che rivendichiamo.

 

Per queste ragioni lo scorso sabato 3 marzo eravamo a Napoli dove, dall’occupazione del forum delle Culture realizzata dal collettivo la Balena e da questa rete, è nato l’Asilo Della Conoscenza e Della Creatività. Una nascita che conferma l’avvio compiuto di una stagione di partecipazione tutta parte di processo costituente dove nuove pratiche dell’immaginario collettivo muovono passi verso momenti di sperimentazione comune.

Per queste ragioni e per far valere la forza dirompente delle riappropriazioni dal basso, per rivendicare la loro natura politica destinata a soddisfare interessi della comunità al di là da qualsiasi militarizzazione strategica, siamo a fianco del popolo della Val di Susa, ed eravamo con loro nelle manifestazioni dello scorso 25 febbraio in Valle e del 3 marzo a Roma.

Altri appuntamenti sono previsti per questa primavera a dare il ritmo di un’elaborazione che non si fermi alla realtà italiana e che attorno al bene comune trovi la sua sintesi.

La pratica del bene comune offre la possibilità di tracciare percorsi alternativi alla dicotomia pubblico-privato che insedino forme di sovranità diretta negli spazi urbani. E se il movimento critico globale al neoliberismo offre puntelli e orizzonti di confronto, sono le specificità locali che formulano chiavi, producono modelli e regole di gestione, praticano il comune nei singoli processi, nelle diverse formule di responsabilità e accessibilità, nelle diverse storie di resistenza, socialità e creatività come la nostra.

La fase di maturazione di questa storia combacia con una svolta simbolica cui diamo un nome: dall’Ex-Cinema Palazzo al Nuovo Cinema Palazzo per abbandonare gli ultimi residui difensivi e spingere il cuore di questa esperienza più in là e oltre noi.

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