L’unica sicurezza è la solidarietà

Anche il mondo dell’università e della ricerca prende posizione contro la campagna di sgomberi promessa dal Ministero dell’Interno.
Di seguito il testo dell’appello e le modalità per aderire e lasciare un commento.

 

L’unica sicurezza è la solidarietà

Apprendiamo dalla stampa l’intenzione della Prefettura di Roma di sgomberare decine di immobili occupati. Tra gli immobili iscritti nella lista prioritaria di sgombero vi sono edifici abitati da numerose famiglie con minori, spazi dove vengono quotidianamente forniti servizi territoriali essenziali e luoghi di valorizzazione artistica e culturale.
Le realtà che abitano questi immobili si fanno carico, ogni giorno, da anni, delle reali emergenze sociali delle quali, da tempo, le istituzioni di riferimento hanno invece smesso di occuparsi.
Migliaia di persone in emergenza abitativa hanno trovato nelle occupazioni una soluzione dignitosa alla negazione del diritto all’abitare. Molte di queste realtà hanno accumulato esperienza in campo culturale, spesso collaborando con le istituzioni universitarie e trasformandosi in punti di riferimento per i territori. Uno di questi immobili occupati ad uso abitativo è balzato di recente alle cronache per l’intervento di un ecclesiastico che ha ripristinato la fornitura elettrica, così garantendo (illegalmente) un servizio essenziale alla persona. Alcuni spazi offrono servizi al territorio, altri sono esperienze d’avanguardia nell’accoglienza e nel sostegno a donne in difficoltà e, più in generale, alle persone vittima di violenza.
Può dirsi illegittima un’occupazione se tutela la persona, promuove la cultura della tolleranza,
valorizza luoghi e territori abbandonati?
Siamo fermamente convinti che prima di ogni esigenza – sia pubblica sia privata – dei proprietari di questi edifici, che in molti casi sono lasciati del tutto abbandonati, sia compito della Repubblica prendersi cura delle persone e delle comunità territoriali.
Appare fortemente mistificatorio da parte della retorica governativa associare gli angoli di estrema marginalità e abbandono (così frequenti nelle nostre aree metropolitane e che necessiterebbero di interventi da parte delle istituzioni, non certo di tipo poliziesco quanto piuttosto di sostegno e reinserimento sociale) alle esperienze di autogestione e recupero degli spazi abbandonati.
Desta infine preoccupazione l’accento che viene messo sulla necessità di sgomberare le occupazioni in quanto covo di “antagonisti”, sia perché non è chiarito quale significato venga attribuito alla parola “antagonista”, sia perché attraverso questa parola si tenta di legittimare la negazione di ogni forma di dissenso, con ogni mezzo possibile. Si moltiplicano gli episodi di contestazioni messi a tacere con la forza benché siano manifestazione del diritto alla libertà di espressione sancito dalla Costituzione; sono all’ordine del giorno le rimozioni coatte di striscioni esposti dai cittadini; i docenti delle scuole vengono raggiunti da provvedimenti disciplinari per presunte azioni di propaganda all’interno o persino al di fuori delle attività didattiche. Mentre con ogni mezzo vengono criminalizzati spazi di cultura e diffusione dell’antifascismo, sono quotidianamente aperti nuovi campi di agibilità politica
ad organizzazioni che si dichiarano fasciste.
All’interno del quadro sommariamente tracciato, la difesa di questi immobili occupati coinvolge
quindi necessariamente le istituzioni portatrici della libertà di scienza e di insegnamento, poiché spetta loro prendere posizione a favore della più ampia e trasversale libertà del confronto politico e culturale, dove il dissenso non solo trova piena cittadinanza ma è espressione della dialettica e del pluralismo democratico.

Primi firmatari:
Alessandra Algostino – Professoressa Associata Università di Torino
Sandro Busso – Ricercatore Università di Torino
Alice Cauduro – Assegnista di ricerca Università Roma Tre
Angelo D’Orsi – Professore Ordinario Università di Torino
Luigi Ferrajoli – Professore Emerito Università Roma Tre
Salvatore Monni – Professore Associato Università Roma Tre
Tomaso Montanari – Professore Ordinario Università per Stranieri di Siena
Valentina Pazè – Professoressa Associata Università di Torino
Gianfranco Ragona – Professore Associato Università di Torino
Giovanni Semi – Professore Associato Università di Torino

 

L'unica sicurezza è la solidarietà

L’unica sicurezza è la solidarietà

Apprendiamo dalla stampa l’intenzione della Prefettura di Roma di sgomberare decine di immobili
occupati.
Tra gli immobili iscritti nella lista prioritaria di sgombero vi sono edifici abitati da numerose famiglie
con minori, spazi dove vengono quotidianamente forniti servizi territoriali essenziali e luoghi di
valorizzazione artistica e culturale.
Le realtà che abitano questi immobili si fanno carico, ogni giorno, da anni, delle reali emergenze
sociali delle quali, da tempo, le istituzioni di riferimento hanno invece smesso di occuparsi.
Migliaia di persone in emergenza abitativa hanno trovato nelle occupazioni una soluzione dignitosa
alla negazione del diritto all’abitare. Molte di queste realtà hanno accumulato esperienza in campo
culturale, spesso collaborando con le istituzioni universitarie e trasformandosi in punti di riferimento
per i territori. Uno di questi immobili occupati ad uso abitativo è balzato di recente alle cronache per
l’intervento di un ecclesiastico che ha ripristinato la fornitura elettrica, così garantendo (illegalmente)
un servizio essenziale alla persona. Alcuni spazi offrono servizi al territorio, altri sono esperienze
d’avanguardia nell’accoglienza e nel sostegno a donne in difficoltà e, più in generale, alle persone
vittima di violenza.
Può dirsi illegittima un’occupazione se tutela la persona, promuove la cultura della tolleranza,
valorizza luoghi e territori abbandonati?
Siamo fermamente convinti che prima di ogni esigenza - sia pubblica sia privata - dei proprietari di
questi edifici, che in molti casi sono lasciati del tutto abbandonati, sia compito della Repubblica
prendersi cura delle persone e delle comunità territoriali.
Appare fortemente mistificatorio da parte della retorica governativa associare gli angoli di estrema
marginalità e abbandono (così frequenti nelle nostre aree metropolitane e che necessiterebbero di
interventi da parte delle istituzioni, non certo di tipo poliziesco quanto piuttosto di sostegno e
reinserimento sociale) alle esperienze di autogestione e recupero degli spazi abbandonati.
Desta infine preoccupazione l’accento che viene messo sulla necessità di sgomberare le occupazioni
in quanto covo di “antagonisti”, sia perché non è chiarito quale significato venga attribuito alla parola
“antagonista”, sia perché attraverso questa parola si tenta di legittimare la negazione di ogni forma di
dissenso, con ogni mezzo possibile. Si moltiplicano gli episodi di contestazioni messi a tacere con la
forza benché siano manifestazione del diritto alla libertà di espressione sancito dalla Costituzione;
sono all’ordine del giorno le rimozioni coatte di striscioni esposti dai cittadini; i docenti delle scuole
vengono raggiunti da provvedimenti disciplinari per presunte azioni di propaganda all’interno o
persino al di fuori delle attività didattiche. Mentre con ogni mezzo vengono criminalizzati spazi di
cultura e diffusione dell’antifascismo, sono quotidianamente aperti nuovi campi di agibilità politica
ad organizzazioni che si dichiarano fasciste.
All’interno del quadro sommariamente tracciato, la difesa di questi immobili occupati coinvolge
quindi necessariamente le istituzioni portatrici della libertà di scienza e di insegnamento, poiché
spetta loro prendere posizione a favore della più ampia e trasversale libertà del confronto politico e
culturale, dove il dissenso non solo trova piena cittadinanza ma è espressione della dialettica e del
pluralismo democratico.

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