Milano, Via Padova

Proiezione del nuovo film di RezzaMastrella

Domenica 8 gennaio ore 21:00: Presentazione del film alla presenza degli autori Antonio Rezza e Flavia Mastrella. A seguire: proiezione di cortometraggi in bianco e nero e non solo:
– Critico e Critici
– De Civitate Rei
– Il Piantone
– Troppolitani Fuori Dove?
– Hai mangiato?
– Il Mosè di Michelangelo

Dal 9 al 15 gennaio: Doppia proiezione
ore 20:30
ore 22:30

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Antonio Rezza e Flavia Mastrella riprendono in mano microfono e telecamera e ritornano, come ai vecchi tempi di Troppolitani, a condurre interviste a corpo libero. Questa volta lo scenario è diverso, e le contingenze storicamente differenti: dai luoghi affollati di Roma ci si sposta a Milano, nella vivacissima Via Padova, citata più volte dai circuiti mediatici come quel quartiere un po’ Molenbeek e un po’ Brooklyn.

Il documentario non si presenta solo come un’inchiesta giornalistica svolta lungo Via Padova, in cui Rezza e Mastrella – percorrendo la strada sul bus 59 – raccontano la vita del quartiere periferico di Milano attraverso testimonianze di migranti e residenti, ma lascia emergere con queste anche i paradossi della realtà attuale, in cui è sempre più difficile concepire una città multietnica e multiculturale.

Gli intrecci di umori personali e sociali, intervallati da musiche e canti e intrisi del surrealismo tipico delle realizzazioni di RezzaMastrella, rivelano le convivenze forzate, la mancanza di politiche adeguate e l’incapacità istituzionale di garantire l’inclusione di culture non identificabili con la nostra.

Antonio Rezza e Flavia Mastrella inseguono sistematicamente nelle proprie opere una decostruzione della sintassi teatrale, cinematografica e narrativa della contemporaneità. Tenendo presente la complessità delle attuali forme mediali, il duo propone ancora una volta con questo lungometraggio una lettura che, per quanto distorta, descrive il vivacissimo quartiere di Milano in tutte le sue molteplici sfaccettature, riconoscendovi l’insofferenza diffusa e il clima di razzismo sempre più opprimente.

rezzamastrella-locandina


MILANO, VIA PADOVA
Condotto e galoppato da Antonio Rezza
Ispirazione metafisica Alessandro Massi
Immagini Marco Tani, Flavia Mastrella
Presa diretta Massimo Simonetti
Montaggio Barbara Faonio
Interprete multilingua Adil Bahir
Prodotto da RezzaMastrella
con l’aiuto della Fondazione Gaetano Bertini Malgarini Onlus

Nel film spicca il lavoro di persuasione che è stato fatto negli anni dai mass media sulla popolazione (formata da persone).

L’uniformità di argomentazioni relative al razzismo, inibisce il sentimento e lo rende doppiamente grave. Il 21 maggio a Milano in Via Padova, armoniosi e combattivi, iniziamo le interviste: Antonio Rezza, Flavia Mastrella, Marco Tani, Massimo Simonetti, Ivan Talarico, Daniele Verlezza, Adil Bahir si muovono nella città che si risveglia. Antonio si guarda attorno, la via è quasi deserta. Il sabato prefestivo consente la tipica sospensione di chi regala a se stesso l’oltraggio di un giorno di riposo. Gli intervistati si concedono con la prepotenza di chi vede in quel tempo perduto un diritto inalienabile.

Affidatoci dalla Fondazione Gaetano Bertini, MILANO VIA PADOVA è un lungometraggio che nasce per eccesso di zelo nel realizzare un’indagine sulla gente che vive la via. Già l’anno prima la Fondazione Bertini ci aveva incaricato di realizzare un documento sul disagio mentale girato in occasione di “Fuori Dove?”, iniziativa a sostegno della Legge Basaglia.

MILANO VIA PADOVA parla di razzismo e insofferenza e racconta, attraverso il canto, la convivenza forzata e la cultura di chi è straniero. È il canto a farci vedere la dolcezza di un 2 ritmo naturale da tempo dimenticato in occidente. A pochi minuti dall’inizio delle interviste Antonio era già integrato, la via che sembrava deserta ha iniziato ad animarsi, la realtà talmente insolita raggiunge picchi performativi quando i problemi personali si associano a quelli sociali. Le risposte, a tratti di frasi fatte, in altri momenti scoordinate con l’aspetto e l’esperienza dell’intervistato, rendono paradossale lo squilibrio sociale. Nel magma di problemi i razzisti sostengono che gridare è un reato e i pacifisti cercano disperatamente di aiutare, di assistere, di voler integrare a tutti i costi chi, per volere politico, viene regolarmente maltrattato. Come se essere integrati fosse una cosa buona.

È evidente quanto la mancanza di organizzazione determini la tensione tra gli abitanti che non riescono a comunicare; gli stranieri non sanno l’italiano e gli italiani non conoscono l’inglese. Viviamo inconsapevoli la violenza del disagio, molto peggio di come si possa immaginare. La domanda ricorrente è ”lei ospiterebbe a casa sua un extracomunitario? In un angolo, in cucina, tanto non da fastidio, si mette in un cantuccio e la guarda, si mantiene da solo”. Sembra un quesito assurdo, ma tutti hanno creduto possibile una tale eventualità, la gente per le strade non esclude nessuna possibilità, ognuno di noi si aspetta di tutto.

E allora si affaccia un problema aggiuntivo: perché dobbiamo essere uniformi e uniformati? A che serve questo formalismo di democrazia caotica? Forse il problema della diversità è proprio ritenere diverso chi non lo è per niente. Siamo pezzi di carne che va al macello e non basta il colore a salvarci. Né la provenienza e neppure la lingua. Il razzismo è l’uomo che si sopravvaluta e che trova il tempo di scorgere irrisorie diversità sommerse dall’omologazione che dilaga. Gli stranieri, infatti, vogliono quello che vogliono gli italiani, il lavoro, una casa, i diritti. E mai la libertà di decidere autonomamente cosa fare. Noi, come loro, restiamo aggrappati all’infamia utopica della vita civile che ci incatena a una contingenza che crea fossati, voragini di intolleranza. Chi ci obbliga al vivere civile ci impone l’intolleranza sociale. Siamo razzisti su suggerimento dell’istituzione. Siamo razzisti programmati dalle nuove tecniche di persuasione collettiva. E gli stranieri si adeguano sviluppando un razzismo parallelo foraggiato dalla vita che scorre.


Spunti di riflessione dal film di RezzaMastrella: “Ospiterebbe un extracomunitario in casa sua?

 

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