Gli unici custodi legittimi sono i cittadini

 

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Dal 15 Aprile noi cittadini, artisti, studenti, attivisti di spazi sociali e associazioni abbiamo riaperto l’ex-Cinema Palazzo per sottrarlo alle speculazioni e di fatto bloccando l’apertura di un casinò che, senza nessuna autorizzazione, stava nascendo a San Lorenzo, storico quartiere di Roma.
 
In questi mesi la partecipazione della cittadinanza ha trasformato un atto di resistenza in un “luogo del possibile”. È questa cittadinanza che si è resa attivamente custode del Cinema Palazzo contro il gioco d’azzardo e le possibili infiltrazioni mafiose, raccogliendo l’adesione di Libera e di membri della commissione Antimafia, da anni attivi nella lotta contro la criminalità organizzata.
 
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Migliaia di persone hanno attraversato la sala, decine e decine di artisti, tecnici e operatori del settore          culturale  hanno portato la loro complicità restituendo allo spazio la sua funzione originaria: quella di un cinema e di un teatro dalla forte vocazione interdisciplinare. Spettacoli, concerti, proiezioni, prove, laboratori per bambini e adolescenti, reading, dibattiti e seminari costruiti in cooperazione con università e altre istituzioni culturali hanno dato vita ad un laboratorio artistico e sociale che ha migliorato la qualità della vita nel quartiere e nella città.

 
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Agli investimenti che dietro la facciata della legalità nascondono permessi fasulli, interessi privati, progetti speculativi distruttivi per la vita delle persone e del quartiere contrapponiamo nuove forme di legittimità, fondate sulla partecipazione, sulla difesa del territorio e sui bisogni e i desideri di chi lo abita e lo attraversa.

Eppure il 12 Dicembre agenti della polizia giudiziaria hanno provato a mettere i sigilli alla nostra esperienza, attraverso la nomina di un custode giudiziario. La reazione è stata forte e immediata: centinaia di persone hanno impedito, con la loro semplice presenza, lo sgombero e la messa dei sigilli.

Le indagini della magistratura rappresentano una presa di posizione decisa contro il progetto di casinò della Camene e sono conseguenza diretta della nostra battaglia. Ma l’ipotesi dei sigilli è per noi inaccettabile: perchè significherebbe di fatto chiudere lo spazio, bloccare le attività e i progetti che si sono attivati nel corso dei mesi e consegnare la vitalità di un’esperienza pubblica ai tempi lunghi della burocrazia giudiziaria, aprendo la strada a possibili speculazioni.

 

Se il Cinema Palazzo ha bisogno di custodi, riteniamo che non possano esistere custodi migliori dei cittadini che insieme ad artisti e associazioni stanno rendendo possibile un sogno condiviso da molti. Con cura, passione e competenza.

Chi meglio delle persone che quotidianamente fanno vivere uno spazio può continuare a farlo?


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2 comments on “Gli unici custodi legittimi sono i cittadini”

  1. gian carlo marchesini Rispondi

    L’ex cinema Palazzo ieri sera era una caverna spettrale e un inquietante antro.
    Mancava la luce, il generatore si era inceppato, dentro la sala era al buio e faceva freddo. Un paio di lampade di emergenza, tipo ospedale, illuminavano la scena e il palco. La sala era comunque stracolma. Dentro, stipate sui tubolari della gradinata avuta in prestito, ascoltavano in silenzio e applaudivano in oltre cinquecento. Assiepati davanti al cinema almeno altrettanti premevano senza potervi entrare. L’umidità della notte infreddoliva e gelava, ma i gruppi e i capannelli dei convenuti sobbollivano di eccitazione. La mattina i vigili avevano tentato di apporre i sigilli e sbarrare gli ingressi. Gli abitanti del quartiere, chiamati a raccolta dalle sentinelle sugli spalti, erano accorsi numerosi e determinati.
    Qui ci sono in gioco questioni importanti: as esempio chi decide delle forme di vita associata nel quartiere, chi stabilisce il fine e l’utilizzo delle loro migliori risorse. E poi: cosa è, come funziona, che senso ha la vita pubblica in una città, e a che serve la politica? Perché, cosa fa sì che nel giro di poche ore un frenetico tam tam via mail e sms riesce a chiamare a raccolta un migliaio di persone, giovani prevalentemente, a riunirsi pigiati e scomodi in un antro gelato e buio, per ascoltare, intervenire, concordare o dissentire, fischiare o applaudire? Lì non ci sono in ballo riconoscimenti e premi, non si degustano cibi raffinati e vini, si sta infagottati in piedi a rischio di inciampare. Questa è l’ora delle decisioni gravi, possono scattare mandati di comparizione e arresti.
    Uno spazio cospicuo e pregiato in un quartiere strategico è rivendicato dal proprietario che ne vuole ricavare una montagna di denaro spacciandovi tossicodipendenza sotto forma di gioco d’azzardo. La parte attiva e combattiva del quartiere e della città, quella civile e civica che ancora, malgrado tutto, non si arrende, è disposta anche alle barricate. Sono quelli che a mali estremi si oppongono con chitarre e appassionate voci, le mani nude e la presenza vibrante e massiccia dei loro corpi. Ci sono le infuocate Guzzanti e i miti e taglienti Ascanio Celestini, gli esponenti battaglieri di Action e i consiglieri del PD del Municipio capitanati dal loro onnipresente Presidente. Si discute di esercizio dei fondamentali diritti e di rispetto della legge, di primato del bene comune e collettivo e della intangibilità della proprietà privata come macchina che produce per pochi ricchezza e profitto.
    In un drappello di giovani cospiratori ad arringare c’è Marco Bellocchio. A riprendere le scene, con gli occhi a fessura e sguardo tagliente manca solo Mario Martone. Potrebbe girare qui il suo nuovo film, di cui suggerisco il titolo: Noi ancora crediamo.
    Il presidente del III Municipio, districandosi tra i tanti che gli chiedono coraggio e lumi, mi ricorda che compito della politica è trovare nel groviglio di interessi e conflitti una soluzione che sia frutto della mediazione più alta possibile. Gli rispondo che tra lo zero della paralisi, o il sottozero del casinò, c’è l’orizzonte irrinunciabile, mai pienamente raggiungibile ma a cui assolutamente tendere. E a ricordare che quell’orizzonte esiste ci vuole qualcuno che testardamente lo segnali.
    Insomma, una bella serata, da atmosfera di vecchia quarantottesca Repubblica romana con vibrazioni telluriche da nuova risorgimentale insorgenza. Dalle vetrate di Pommidoro, Moravia, Pasolini e la Morante mandano ampi gesti di incoraggiante saluto. Dentro la sala, sul palco, arringa Luigi Manconi con la vociona stentorea e il suo accento inguaribilmente sardo. Dalle finestre del soprastante reparto di psichiatria infantile sorride rincuorato e felice Marco Lombardo Radice.
    E poi dice che non bisogna occupare perché è illegale e fa male alla salute… Meglio che i ragazzi vengano ingoiati dentro sale sbrilluccicanti a smanettare e farsi succhiare come larve da slot machines vampiresche?

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