Il Teatro Valle saluta Venezia da “la finestra sul cantiere”

Oggi, giovedì 8 settembre 2011 alle ore 14.30, gli occupanti del Teatro Valle che il 2 settembre hanno occupato e restituito il Teatro Marinoni del Lido di Venezia alla cittadinanza, hanno aperto una finestra sull’immenso cratere fisico ed economico che si protrae apre al Palazzo del Cinema.

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IL CRATERE DEL CINEMA
PREMIERE

Il cratere si apre davanti al Palazzo del Cinema. Un buco fisico ed economico. Una voragine coperta da un telo di plastica, un cadavere di amianto, segno della morte culturale di Venezia.

Ma noi non celebriamo funerali. Noi siamo qui per riappropriarci degli spazi, del tempo, delle ricchezze che ci vengono sottratti.

Mentre la kermesse della Mostra prosegue tra vacue passerelle, abbiamo restituito il Teatro Marinoni alla cittadinanza, l’unico teatro del Lido, facendolo rivivere – con la presenza dei nostri corpi, delle nostre passioni, dei nostri saperi.

Teatro Marinoni Occupato vs Cratere della Mostra del Cinema: due chilometri di distanza che scrivono un’altra mappatura del territorio. Un’altra concezione della vita e dell’arte.

La plastica copre la voragine d’amianto e mostra tutta l’ipocrisia di chi ci governa adesso e di chi l’ha fatto nel recente passato. 37 milioni spesi per deturpare il Lido, soldi letteralmente buttati per chi intende la cultura solo come occasione di speculazione. Un’operazione aggravata dal ricorso al commissariamento che ha esautorato la città di ogni potere decisionale.

Una vergogna ancora maggiore se si pensa ai tagli violenti con cui questo governo assedia il settore culturale e allo stato di precarietà endemica dei lavoratori del cinema, dell’audiovisivo e di tutti gli altri settori. La precarietà non è uno stato di natura, è frutto di precise scelte politiche. Uscirne è un’urgenza sociale, una rivendicazione di autonomia artistica e intellettuale. Attraverso la conquista di diritti e la riappropriazione dei beni comuni, possiamo rompere le mafie, l’ingerenza partitica, il sistema di ricatto che continuamente ci separa. Che ci fa immaginare come individui isolati.

Questo buco è il macroscopico esempio di un’espropriazione: siamo noi le forze della creazione viva e sociale che si vede sottrarre reddito e diritti, mentre decine di milioni di euro vengono gettati dalla finestra per irrealizzate grandi opere culturali.

Venezia, con la sua economia culturalizzata, con i suoi ingenti investimenti sul contemporaneo, è il set giusto. Vogliamo girare un film diverso, una regia collettiva che pretenda diritti, reddito e welfare contro l’austerity, che scardini i monopoli produttivi e le logiche del profitto.

Possiamo produrre un’alternativa al binomio profitto privato/assistenzialismo pubblico costruendo percorsi di partecipazione, costituenti e radicali in grado di trasformare la cultura in un vero bene comune.

Siamo qui per riprenderci ciò che è nostro.

Perchè la bellezza non può attendere.

dal blog del TVO

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