“I coccodrilli” di Giulio Rizzo e Pietro Seghetti

Dal romanzo di Youssef Rakha tradotto da Elena Chiti.

Regia Ferdinando Vaselli. Con Matteo Febo, Francesco Ferrieri, Barbara Manzato, Francesca Rosa, Simona Senzacqua, Giovanni Sorrentino et al.

10-11-12-13-14 dicembre Roma- Teatro Tordinona h 21
15 dicembre Roma- Teatro Tordinona h 17,45

E’ possibile prenotarsi alla mail del Festival Quartieri dell’Arte ufficiostampaquartieridellarte@gmail.com

PRIMA MONDIALE

“I coccodrilli”, opera dello scrittore e giornalista egiziano Youssef Rakha, è a metà tra il saggio letterario e il romanzo di formazione. Prendendo a oggetto di studio la società cairese, Rakha intraprende una personale archeologia dell’intelletto. Identificando tre strati principali, spiega la rivoluzione dell’Egitto contemporaneo guidata dalla generazione del 2010 attraverso i legami con la sua generazione, quella degli anni novanta, e con quella precedente degli anni settanta. Pur essendo animate da ideologie diverse, queste tre generazioni trovano la loro comune motivazione in una singolare ricerca di significato.

Il 20 giugno 1997, l’attivista e militante comunista degli anni settanta Radwa Aadel muore suicida. Quel giorno, Nayf, un giovane poeta, festeggia il suo ventunesimo compleanno, e apre “I coccodrilli”, una società segreta di poeti. Questi due eventi slegati costituiscono pietre miliari sulla strada della rivoluzione egiziana. Il suicidio di Radwa, afferma il narratore Youssef, diede significato a parole come Nazione, Popolo, Rivoluzione, cantate e gridate dalla gioventù che si riversò nelle strade 15 anni dopo, nel 2011. Nel 2011 quelle parole tornarono ad avere significato anche se per un momento molto breve. La pazzia e l’impeto che spinse la generazione del 2010 a rovesciare il regime di Mubarak, è la stessa identica di Radwa e di Nayf negli anni novanta.

Nayf crea “I coccodrilli” assieme al narratore Youssef e un terzo amico che si chiama Paolo. Oltre al comune amore per la poesia e l’ammirazione per la Beat generation, “I coccodrilli” condividono il fatto di essere poco più che ventenni che vanno alla ricerca dell’autenticità e il fatto di disprezzare i criteri mercantilistici della società in cui vivono. Gli anni novanta sono anni di eccessi nel sesso, nelle droghe e nell’alcool. Ma sono anni che portano una ventata di aria nuova a cui il narratore guarda in un misto di ironia e nostalgia. Youssef ripensa alla sua storia di amicizia con Nayf e Paolo, un legame formatosi naturalmente, come se il mondo li avesse messi insieme. Ma che non sopravvisse alla loro età adulta. Così come non sopravvissero i sogni di un mondo diverso. E la sollevazione popolare, ansiosamente desiderata dai coccodrilli negli anni novanta, passa vicino a loro nell’indifferenza.

L’opera è un patchwork di riflessioni e ricordi, connessi tra loro più in modo logico che cronologico. La narrazione tuttavia una cronologia la segue ed è quella che culmina con la tragica morte di Nayf. Sebbene frutto di un incidente, la morte di Nayf ha il sapore di un suicidio. Come se i sognatori non potessero non morire, bruciati dalle loro visioni, così come lo fu Radwa Aadel. E’ davvero difficile dire cosa abbia ucciso Nayf nel 2001. Sul piano oggettivo fu un incidente d’auto. Ma la follia di Nayf era diventata sempre più difficile da controllare nei mesi che avevano preceduto la sua morte. Ossessivamente innamorato di una donna soprannominata Moon, stava andando da lei a litigare, sospettando che lei stesse con un altro uomo. Grande ammiratore del poeta americano Allen Ginsberg, Nayf passa interi anni a tradurre la poesia “The Lion for Real” in arabo. Finché la poesia lentamente diventa realtà e Nayf ha l’allucinazione della presenza di un leone nel salotto di casa sua, come Ginsberg prima di lui. Nayf è spaventato di quanto sembri reale l’allucinazione e di quanto psicotico cominci a sembrare lui stesso. E’ anche spaventato dalla presenza crescentemente minacciosa del leone, in macchina con lui nel giorno in cui muore. Metafora di questa mistura di energia, sregolatezza e follia che dà alla gente il potere di cambiare il mondo, il leone è tanto indispensabile quanto pericoloso.

Quest’opera moderna, unica nel suo genere e di grande efficacia si esprime sia con voce poetica (a volte letteraria, a volte slang) sia con precisione concettuale. Corrispondendo a questa duplicità del linguaggio, la storia oscilla tra le avvincenti trasformazioni di tre amici poco più che ventenni e l’analisi della società egiziana.

Il romanzo “I coccodrilli” è un’opera circolare ma è anche parte di una trilogia progettata da Youssef Rakha il cui prossimo libro ha per titolo “Il leone aveva ragione”.

Per affrontare la complessità dell’opera due giovani drammaturghi-sceneggiatori, Giulio Rizzo e Pietro Seghetti, entrambi portatori di una scrittura politica, ma con tratti molto diversi tra loro (più orientato verso un approccio fantastico Rizzo, decisamente incline a una scrittura realistica Seghetti), uniscono le forze nella realizzazione di una trasposizione per il palcoscenico diretta in prima assoluta da Ferdinando Vaselli, autore di molti spettacoli di teatro di narrazione.

Giulio Rizzo, Pietro Seghetti sono allievi del Corso di Sceneggiatura del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. Per il Festival Quartieri dell’Arte hanno scritto corti teatrali per due progetti: “Addio al calcio” a partire dalle prose poetiche di Valerio Magrelli e “Factory” omaggio a Andy Warhol messo in scena dall’ Accademia degli Artefatti.

Ferdinando Vaselli dopo aver frequentato il master per attori di Pontederateatro e dopo aver lavorato con registi come A. Celestini, C. Boso, A. Di Stasio, F.Cavalli ha iniziato a scrivere, recitare e talvolta a dirigere i suoi stessi testi. Tra le sue opere Bocchisiero (2004) al Teatro della Tosse di Genova e al Piccolo Teatro Studio di Milano, 50Lire (2005) che ha vinto Premio di drammaturgia europea E.M. Salerno messo in scena alla Biennale dei giovani artisti del mediterraneo di Napoli e al Teatro India di Roma, Annuska (2007) finalista al premio D. Cappelletti e Soprailcielodisanbasilio (da cui sono stati tratti anche un libro e un DVD) finalista al Premio Scenarioinfanzia. Ha inoltre scritto Città di parole diretto da Veronica Cruciani al Teatro Biblioteca dek Quarticciolo di Roma. Nel 2011 ha scritto Ladyoscar (vincitore al Troia festival Teatro) . Dal 2007 al 2008 è stato il direttore artistico del Festival dei centri storici della valle del Farfa. Dirige attualmente il Festival Storie di Lavoro.

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