Dicembre 2012: Da Balduzzi a Baldini passando per Dubai

Nella notte fra Mercoledì e Giovedì, mentre la maggior parte del paese dormiva o sognava tranquilla nel proprio letto, in Senato veniva approvato il patto di stabilità che, come abbiamo letto questa mattina dalle dichiarazioni del Ministro Balduzzi, ha ulteriormente liberalizzato il gioco on line e addirittura, grazie alla solerzia di tre onorevoli del pdl, concesso un migliaio di autorizzazioni per nuove sale slot/casinò/vlt.

Il Ministro ha criticato tale manovra, come fosse uno spettatore inerme di fronte alla scena di un crimine.

Dalla nostra esperienza sappiamo quanto le concessionarie e società di gioco siano attratte da teatri e spazi dedicati alla cultura in disuso, ci chiediamo infatti: con questa liberalizzazione quanti teatri, cinema, luoghi di incontro e di socialità esistenti su tutto il territorio dovranno essere cancellati per far posto a mega casinò virtuali, luoghi sterili, privi di umanità e dialogo, in cui la socialità si riduce a un rapporto fra uomo/donna e macchinetta per cambiare le sorti di una vita precaria e povera di futuro?

E’ davvero sbagliato definire l’azzardo come “gioco”.

Il gioco è un’altra cosa. E’ quello che instaura relazioni fra persone, che aiuta a socializzare, gioco è il torneo di briscola e tresette che a giugno facciamo al Cinema Palazzo, in cui si incrociano generazioni di persone, ci si siede attorno a un tavolo insieme.

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Il gioco è quello dei bambini, in cui si inventano delle storie e si impara a diventare adulti!

Scommettere, grattare un biglietto, premere dei bottoni per un Jack pot con la speranza di cambiare la vita non è gioco.

L’ approvazione sull’azzardo avvenuta la scorsa notte ci fa comprendere fino in fondo quanto lo Stato autorizza e induce alla scommessa, al consumo ossessivo, alla dipendenza.

Siamo ancora sicuri che tutto ciò si possa chiamare gioco legale?

Ridicola la dichiarazione di Balduzzi, ridicole le dichiarazioni della concessionarie.

Oramai le uniche certezze di entrate dello stato sono le liberalizzazioni dell’azzardo e il contropotere delle mafie. A questo siamo ridotti?

Alcune settimane fa abbiamo ospitato la presentazione della ricerca condotta dalla campagna “mettiamoci in gioco” sugli effetti del gambling.

Alla presentazione è intervenuta Imma Romano portavoce della concessionaria Codere, legata a Confindustria, la quale ha dichiarato: ” le sale gioco producono un indotto di 1000 lavoratori circa”.

La storia dell’indotto lavorativo è un’altra chimera delle concessionarie.

1000 lavoratori circa rappresentano un dato risibile, non solo perché si dà lavoro togliendo soldi a persone disperate, ma anche perché l’indotto di cui le concessionarie parlano, come del resto affermava la stessa “Camene” nella conferenza stampa dello scorso anno, assieme al portavoce pdl Capezzone e l’on. Aracri, si scontra con le 700/800 mila persone coinvolte nell’ossessione dell’azzardo e con i 6 miliardi che lo Stato spende ogni anno per curare tale dipendenza, a fronte degli otto miliardi che incassa.

I pochi soldi che il Governo guadagna con il gioco, li fa uscire dalla finestra per azioni di contrasto all’azzardo.

Certamente non basta affatto l’obbligo di inserire a fine pubblicità la frase “gioca con moderazione” o “gioca senza esagerare”, se poi in questi giorni Roma è invasa da manifesti per l’imminente apertura del nuovo mega casinò, con tanto di madrine e padrini di eccezione come Nina Moric, Fabrizio Corona, Pippo Franco, Nicole Minetti e la presenza (da confermare) di Marco  Baldini, ex accanito, dipendente dell’azzardo che uscito dal Tunnel, dopo aver divorato il proprio patrimonio, taglierà il nastro. Sarà divertente sentire da lui frasi tipo” Mi raccomando giocate ma non rovinatevi”

Il nome del Casinò è tutto un programma, si chiamerà Dubai Palace!

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Oppure che dire dell’ultimo Casinò aperto, alcune settimane fa, nell’estrema periferia della Prenestina fuori il raccordo: anche lì il nome è un programma, si chiama Las Vegas…. eretto nel giro di 48 ore, a Ponte di Nona, quartiere storico per la concentrazione di alloggi popolari. E ancora lo chiamiamo indotto lavorativo?

Ad oggi, non abbiamo raccolto nessuna testimonianza di famiglie felici che grazie al gioco hanno una vita ricca e agiata, al contrario invece ne conosciamo le conseguenze.

Non è sufficiente dichiarare l’azzardo legale per legittimarlo.

Per questo noi continuiamo a dire che l’unico modo per contrastare il gioco è chiudere il “loro” gioco.

Per questo l’occupazione del Cinema Palazzo e le altre che verranno sono campagne di legittimità.

Liberiamo gli spazi destinati all’azzardo per restituirli alla cultura e quindi alla vita!

1 comment on “Dicembre 2012: Da Balduzzi a Baldini passando per Dubai”

  1. Red Rispondi

    Purtroppo di amici, precari e proletari, che preferiscono entrare in sale slot spendendo, piuttosto che frequentare altri posti ne ho molti…
    Quando sulla tiburtina valley c’erano più fabbriche c’era più consapevolezza sociale, un tessuto diversissimo da quando hanno aperto certi locali che non mi sembra creino tutto questo lavoro! Anzi, spolpano qualcuno ed alimentano economia ‘dubbie’ ad esser buoni… Non sono un difensore dei processi alienanti di fabbrica, ma non è una slot l’uscita dall’alienazione! Anzi, nascono alienazioni senza coscienze critiche alcune… lo dico con affetto, proprio per i tanti amici, dai quali magari avrò anche da imparare su altri versanti, ci mancherebbe, ma mi piange il cuore a veder perdersi tante potenzialità umane, culturali e territoriali… La tiburtina sta diventando tutto un ‘compro oro e slot machine’, con locali dall’estetica fintoamericana che certo non rendono omaggio alla storia ‘pasoliniana’ e popolare di questa strada… Siamo al paradosso che il Mcdonald è sia esteticamente che lavorativamente più affidabile di questi posti! Quando vedo ferrari con lo specchietto di un’altra macchina rimediato e riattaccato ho dei dubbi sulla proprietà e sul giro che si sta creando proprio da queste parti! Mi spiace poi vedere iniziative lodevoli, come il teatro di tor bella monaca, totalmente staccate dal quartiere se non per qualche saggio e frequentate non certo dagli abitanti, se non in piccola misura. Penso che un modo di contrastare queste realtà sia ascoltare i quartieri e provare ad aprirsi ulteriormente, al fianco di un contrasto di legalità ed opportunità.

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